Il messaggio bergogliano sull’emigrazione di massa – che rischia di diventare il manifesto politico di una sorta di “partito dell’invasione” – è uno scivolone gravissimo per la Santa Sede e con tutta probabilità è stato voluto da Bergoglio anche in polemica con la recente “correzione” che la Segreteria di Stato vaticana ha dato alla sua ossessiva predicazione migrazionista (vedi QUI).
Il pronunciamento – oltretutto molto ideologico, da “sinistra sudamericana” nella sua superficialità demagogica – espone direttamente la figura del papa nell’agone politico: come un “papa re” dell’Ottocento egli si intromette nelle scelte tecniche che i parlamenti degli Stati debbono dare a problemi complessi.
Si intromette specialmente negli affari interni dell’Italia, in modo  del tutto smaccato. Non a caso ha reso noto il testo ieri, con cinque mesi di anticipo, cosa senza precedenti: per influire sul dibattito italiano sullo Ius soli e sul dibattito europeo e americano.
E’ facile ribattere a Bergoglio: egli è il sovrano assoluto di uno Stato in cui non entrano migranti e in cui non è concessa la cittadinanza né per ius soli, né per ius culturae. Quindi non si capisce perché vuole imporre lo “ius soli” a uno stato straniero come quello italiano. O agli altri Stati. Lo applichi allo Stato su cui lui ha un potere assoluto.

Sull’assurdità generale di questo testo bergogliano (per l’ennesima volta estraneo alla dottrina sociale della Chiesa) è eloquente quanto si legge nel blog di Marco Tosatti (QUI) e nell’articolo di Stefano Fontana sulla “Nuova Bussola” (QUI).
Io mi soffermo solo su un’altra cosa. Bergoglio – come gli capita ogni volta che cerca di dare una legittimazione a certe sue tesi improbabili – nel suo messaggio ha evocato l’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate”, per contrapporre «sicurezza personale» a «sicurezza nazionale», sostenendo che la prima è da «anteporre sempre» alla seconda.
Scrive testualmente: «Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI, ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale».
In questo articolo (vedi QUI) Luigi Amicone mostra che non esiste nessun passo, nell’enciclica di Benedetto XVI, che dica una cosa del genere.
Anzi. Benedetto XVI, nel passo evocato, scrive una cosa del tutto diversa:
«Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati».
Amicone commenta: “Si capisce chiaramente che in Benedetto XVI non vi è alcuna contrapposizione tra persone migranti e ‘società di approdo degli stessi emigrati’. Al contrario. Egli richiama la ‘prospettiva di salvaguardare’ sia ‘le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate’, sia ‘al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati'”.
A QUESTO IO AGGIUNGO UNA ULTERIORE CITAZIONE DI BENEDETTO XVI CHE (COME TUTTA LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA) VA IN SENSO DIAMETRALMENTE OPPOSO ALL’IDEOLOGIA BERGOGLIANA. ECCO LE PAROLE DI BENEDETTO XVI:
“Oggi la cittadinanza si colloca, appunto, nel contesto della globalizzazione, che si caratterizza, tra l’altro, per i grandi flussi migratori. Di fronte a questa realtà, come ho ricordato sopra, bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana” (Benedetto XVI, Udienza del 12 marzo 2011 ai sindaci dell’ANCI).
L’ossessiva predicazione migrazionista di Bergoglio, che ha avuto un’ influenza deleteria sui governi italiani, i quali si sono arresi all’ondata migratoria, va nella direzione diametralmente opposta alla preoccupazione di Benedetto XVI, che è quella di difendere “la tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione Italiana”.
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Antonio Socci
22 agosto 2017