BERGOGLIO CONTRO GESU’: IL PAPA CHE PENSA DI ESSERE MIGLIORE DEL NOSTRO SALVATORE
Aveva ragione il card. Kasper che un mese fa annunciò la “ grande rivoluzione”? Con l’Esortazione apostolica “Amoris laetitia” Bergoglio ribalta il magistero della Chiesa, ponendosi al di sopra delle parole di Cristo e dei comandamenti di Dio?
A parole no, dice che non cambia la dottrina. Ma di fatto da oggi si apre a qualcosa che finora la Sacra Scrittura e la Chiesa proibivano.
L’operazione “doppia verità” è celata nell’ambiguità di discorsi fumosi e fuorvianti. Perché? Per camuffare la “rivoluzione”, non essendo ammesso nella Chiesa ribaltare la legge di Dio?
Sì, ma anzitutto per prudente gradualità: è la strategia della rana bollita quella che si sta applicando alla Chiesa. La rana buttata di colpo in una pentola d’acqua bollente salterebbe fuori. Se invece viene messa in una pentola d’acqua tiepida che a poco a poco viene fatta scaldare, finisce bollita senza rendersene conto.
Così in questi mesi si assiste a una continua demolizione della dottrina cattolica. Ogni giorno un colpo. Alla fine la Chiesa sarà spinta a sciogliersi in una sorta di Onu delle religioni con un tocco di Greenpeace e uno di Cgil.
Del resto – lo ripeto – era stato il cardinale Kasper a parlare di “primo passo” della “rivoluzione” e Kasper è colui che nel febbraio 2014, al Concistoro, fu usato da Bergoglio per lanciare la “bomba” della comunione ai divorziati risposati.
FUORI STRADA
Questa “rivoluzione” avviene innanzitutto cancellando la nozione di “peccato mortale”. Giustamente il card. Mueller aveva messo in guardia:
“Il più grande scandalo che può dare la Chiesa non è che in essa ci siano dei peccatori, ma smettere di chiamare per nome la differenza tra il bene e il male e relativizzarla; smettere di spiegare che cosa è il peccato o pretendere di giustificarlo per una presunta maggior vicinanza e misericordia verso il peccatore”.
Giovanni Paolo II aveva spiegato che proprio il mettere in guardia dal peccato e dal rischio della dannazione è la più grande carità materna della Chiesa.
Questo dovrebbe essere il compito fondamentale del papa: il mandato di Gesù Cristo a Pietro è quello di “confermare nella fede” i fratelli, non quello di confondere, destabilizzare e fuorviare.
Ma l’epoca di Bergoglio è così. Lo stesso card. Mueller, custode della fede, a una giornalista di Die Zeit, tre mesi fa, disse che non riteneva eretico papa Bergoglio, ma aggiunse: “Cosa completamente diversa è quando un insegnamento della fede ufficialmente presentato viene espresso forse in modo infelice, fuorviante o vago”.
Considerato il ruolo che riveste il cardinale, queste parole mi sembrano macigni. Perché essere “fuorviante” vuol dire portare fuori strada. Ed è ammissibile un papa “fuorviante”?
Oltretutto l’Esortazione dimostra che questa ambiguità fuorviante non è un incidente involontario, ma una precisa strategia. Tanto è vero che da ieri è scoppiata una furibonda ridda delle interpretazioni sull’Esortazione stessa, dovuta alla fumosità del testo e alle sue clamorose contraddizioni.
DOPPIA VERITA’
La confusione dunque è alimentata dallo stesso papa Bergoglio che invece avrebbe il dovere – secondo il Vangelo – di parlare con assoluta chiarezza: “il vostro parlare” comanda Gesù “sia sì (se è sì) e no (se è no). Il di più viene dal Maligno” (Mt 5,37).
Invece oggi il doppio binario e la doppia verità sono evidenti perché il partito bergogliano sul fronte interno cerca di rassicurare i fedeli, sostenendo che non cambia niente (e allora perché terremotare la Chiesa per due anni e fare ora un documento di 260 pagine?), mentre all’esterno suona la fanfara della svolta epocale.
Infatti tutti i giornali laici ultrabergogliani festeggiano titolando: “Sinodo, le aperture di papa Francesco: ‘Comunione possibile per i divorziati risposati’ ” (Repubblica.it); “Sacramenti ai risposati, il Papa apre” (Corriere.it).
Perché Bergoglio non ordina a padre Lombardi di smentire questa interpretazione dei giornali, visto che lo manda precipitosamente a smentire i banali gossip sulla sua salute fisica? Non è più importante difendere la fede da un’eventuale travisamento che smentire i problemi di salute?
Esempio perfetto di questa ricercata ambiguità è stata l’imbarazzante conferenza stampa di presentazione dell’Esortazione tenuta dal card. Schonborn che si è arrampicato sugli specchi per due ore.
E’ la doppia verità che domina oggi in Vaticano.
SPREZZANTE
Eccone un esempio clamoroso nel testo dell’Esortazione. Per poter affermare – a parole – che non cambia la dottrina, Bergoglio doveva in qualche modo ricordare a quale condizione, fino ad ora, la Chiesa ha permesso ai risposati di accostarsi alla comunione: a patto cioè che vivessero “come fratello e sorella”.
Era il passaggio decisivo della “Familiaris consortio” di Giovanni Paolo II che doveva essere centrale nell’Esortazione di Bergoglio, se fosse stata in continuità col magistero di sempre.
Ma questa regola Bergoglio non la cita nemmeno nel testo, la relega a una marginale nota, la n. 329, e subito dopo la demolisce dicendo che senza certe “intimità” verrebbe compromessa “la fedeltà”.
Da cui si evince che per Bergoglio non c’è più differenza fra famiglie e coppie irregolari, anzi non ci sono più le situazioni “irregolari” e “non è più possibile dire” che si tratti di per sé di “peccato mortale”. Questo è il punto decisivo.
Infatti, anche se non si dice esplicitamente che tali coppie possono essere ammesse alla comunione sacramentale, si lascia intendere che lo si concede “caso per caso”.
LIQUIDAZIONE DELLA CHIESA
Di fatto l’Esortazione contraddice la lettera e lo spirito del decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento, della costituzione dogmatica Lumen gentium (Vaticano II) e dell’enciclica sulla morale di Giovanni Paolo II, Veritatis splendor.
Infatti essa non pone come bene assoluto da preservare l’essere in grazia di Dio e quindi la salvezza delle anime (legge suprema della Chiesa), ma piuttosto considerazioni sociali, sociologiche e sentimentali, illudendo e ingannando gravemente i fedeli sul loro stato davanti a Dio, mettendo in grave pericolo la loro salvezza.
Bergoglio evita di parlare della “legge morale”, che la Chiesa ha condensato da secoli in dogmi e disposizioni canoniche, o la rappresenta sprezzantemente come qualcosa di “astratto” che non si può applicare a situazioni “concrete”.
Arriva così a contestare Gesù stesso nel suo scontro con i farisei sulla questione del divorzio (Mt 19, 3-12). Infatti Bergoglio sostiene che non si deve presentare “un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono” (36).
Sarebbe una “idealizzazione eccessiva”. Peggio ancora: “non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa” (122).
In compenso Bergoglio istituisce nuovi peccati gravi. Quello dei cosiddetti “rigoristi”, colpevoli di ricordare la Legge di Dio. Ma soprattutto quelli di chi non condivide le sue idee politiche sulle questioni sociali.
Al n. 186 infatti Bergoglio ricorda finalmente il passo di San Paolo che impone di ricevere in modo degno il Corpo di Cristo, “altrimenti si mangia e si beve la propria condanna”. Ma per spiegare cosa significa “in modo degno” non dice “in grazia di Dio” (come sempre la Chiesa ha insegnato).
Non mette in guardia le coppie in stato di “peccato mortale”, ma le “famiglie che si richiudono nella loro propria comodità… che restano indifferenti davanti alle sofferenze delle famiglie povere e più bisognose”.
I peccati morali sono così derubricati. Bergoglio istituisce i peccati sociali (o socialisti). Quindi, par di capire, dovrebbe guardarsi dal ricevere l’eucaristia chi non condivide le sue idee sull’immigrazione.
.
Antonio Socci
Da “Libero”, 10 aprile 2016
.
@AntonioSocci1