La situazione della Chiesa è drammatica, con un’Europa che abbandona in massa la fede e l’altra metà del pianeta che perseguita i cristiani o li massacra. Davanti a tutto questo papa Bergoglio che fa? Un’enciclica sulla presenza dei cristiani nel mondo, sulla loro dura condizione e sulla libertà di coscienza? No. Un’enciclica ecologica sulla spazzatura differenziata e la pulizia dei fiumi.

Sembra di stare nell’esilarante scena di Johnny Stecchino, dove l’autista palermitano spiega a Benigni qual è la vera, grande, tragica piaga di Palermo: “il traffico!”.

VERMI E CRISTIANI

E’ commovente vedere quanto accoratamente il papa argentino nell’enciclica si preoccupa della sopravvivenza di “alghe, vermi, piccoli insetti e rettili”, specie che “di solito passano inosservate” (n. 34). Invece all’incerta sopravvivenza dei cristiani perseguitati, torturati, deportati, non è stata dedicata nessuna enciclica. Sono massacrati senza che nessuno alzi la voce.

Leggendo la preoccupazione del papa per la sorte dei vermi e dei rettili chissà come si sentiranno tutti quei cristiani che – per non rinnegare la fede cristiana – in Iraq o in Pakistan, in Corea del Nord o in Cina o in Nigeria hanno perso casa e lavoro, hanno visto uccidere persone care, subendo stupri, torture, crocifissioni, sgozzamenti e deportazioni.

Chissà come si sentiranno quei cristiani che sono dovuti scappare dai loro villaggi, e ora stanno nei campi profughi, nel leggere che il papa dedica la sua enciclica alle “popolazioni animali” che, per le nuove colture e i bacini idrici “non possono più migrare, né spostarsi liberamente”.

Fortuna che c’è un papa che si occupa di queste bestiole e propone “la creazione di corridoi biologici” in modo da far migrare liberamente queste specie.

Il Vaticano di Bergoglio si è mai attivato per proteggere le popolazioni cristiane minacciate di sterminio? O per cristiani che da anni marciscono nelle galere a causa della loro fede?

Prendiamo Asia Bibi, la povera madre pakistana che da sei anni è rinchiusa in una lurida cella buia con una condanna a morte sulle spalle solo perché cristiana. Papa Bergoglio non ha mai voluto fare nemmeno una dichiarazione per lei, per chiederne la liberazione o anche solo per invocare preghiere in suo favore.

IL VERO S. FRANCESCO

Questa enciclica lunghissima (proprio Bergoglio aveva criticato i lunghi documenti degli episcopati) è una raccolta dei luoghi comuni eco-catastrofisti più triti. Un vero Banal grande.

Si nobilitano delle tesi ambientaliste molto discutibili dal punto di vista scientifico, come la causa umana del riscaldamento globale. Consacrando queste tesi l’enciclica rischia di ricadere nell’errore del “caso Galileo”, cioè dare investitura teologica a quella che è solo un’ipotesi scientifica, anche molto dubbia.

Potrebbe dunque rivelarsi più un “Cantico di frate sòla” (nell’accezione romanesca) che un “Cantico di frate sole”.

A questo proposito, perché ridurre il povero san Francesco d’Assisi alla solita figurina ecologista? E’ stato dimostrato che è del tutto assurdo immaginare un ecologista nel XII secolo, quando l’uomo non aveva il potere tecnologico che ha oggi sulla natura e la natura aveva il sopravvento su di lui imponendogli condizioni di vita molto dure.

Il Cantico delle creature, scritto da Francesco è un inno biblico, che parafrasa i salmi per lodare Dio e proclamare la bontà del creato in quell’epoca in cui i Catari, riprendendo le dottrine gnostiche, consideravano il creato come male.

Nell’inno di san Francesco il bene supremo non è la salvaguardia dell’ambiente, ma la salvezza eterna delle anime, tanto è vero che si conclude mettendo in guardia dal morire in peccato mortale perché così si finisce al supplizio eterno dell’inferno (“guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male”).

Invece nel bergoglismo non si trovano né il “peccato originale”, né i peccati mortali, né il purgatorio, né l’inferno. Eppure la dottrina cattolica afferma che “la salvezza delle anime è la suprema legge della Chiesa”. La sola cosa che conta.

UNA SINGOLA ANIMA

Dirò di più: la salvezza di una sola anima è, agli occhi di Dio, più preziosa dell’intero universo naturale (con buona pace dei Verdi). Lo scrive addirittura San Tommaso d’Aquino: “Il bene soprannaturale di uno solo è superiore al bene naturale di tutto l’universo” (Summa Theologiae I-II, q.113 a.9 ad 2).

E l’altro maestro supremo, sant’Agostino d’Ippona, scrive: “La giustificazione dell’empio è un’opera più grande della creazione del cielo e della terra” perché “il cielo e la terra passeranno, mentre la salvezza e la giustificazione degli eletti non passeranno mai” (In Evang. Johan., 72,3).

Dove si fonda questa dottrina? Nel Vangelo stesso, dove Gesù dice appunto che “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35).

Lì, parlando dello sguardo di Cristo verso gli esseri umani, si dice spesso: “Ed ebbe compassione”. Questo struggimento intimo che veniva dalle profondità del cuore di Gesù per ogni essere umano rivela qual è la concezione della realtà che caratterizza il Salvatore.

Si può definire così: per lui “tutto il mondo non vale la più piccola persona umana” (Luigi Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli 2001, p. 104). Per ogni singolo uomo infatti è venuto a morire lui, Dio, e di una morte ignominiosa. Un piccolo e ignoto essere umano, agli occhi di Dio, vale la morte in croce del suo unico Figlio.

Del resto già nella Genesi il Creatore attribuisce all’uomo la regalità sull’universo. Com’è noto le moderne concezioni ecologiste trovano insopportabile questo dettato sacro e rovesciano la biblica gerarchia di valore, mettendo l’uomo sullo stesso piano delle altre specie viventi o addirittura – per alcuni – considerando l’uomo come il cancro del pianeta.

UOMO DECLASSATO?

Finora questa ideologia verde è stata decisamente avversata dalla Chiesa. Ma nell’enciclica bergogliana c’è un passo che lascia perplessi. Non solo perché assume come autorità Teilhard de Chardin. Ma perché afferma: “Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi” (n. 83).

Ora, questo concetto risulta del tutto diverso da quanto afferma il Concilio Vaticano II. La “Gaudium et spes” infatti proclama: “Credenti e non credenti sono generalmente d’accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice” (n. 12).

E il Catechismo: “Dio ha creato tutto per l’uomo, ma l’uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione” (n. 358).

Il Catechismo cita San Giovanni Crisostomo: “Qual è dunque l’essere che deve venire all’esistenza circondato di una tale considerazione? È l’uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più prezioso agli occhi di Dio dell’intera creazione: è l’uomo, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio unigenito. Dio infatti non ha mai cessato di tutto mettere in atto per far salire l’uomo fino a sé e farlo sedere alla sua destra” (Sermones in Genesim, 2, 1: PG 54, 587-588).

Con questa enciclica papa Bergoglio rischia di dare un terribile segnale di resa all’agenda Obama, l’agenda del pensiero dominante che ha un netto connotato neopagano, anticristiano e antiumano.

Non so se Bergoglio si renda conto della confusione in cui sta portando la Chiesa (non solo col Sinodo). Ci sono stati, infatti, nelle ultime settimane, anche degli interventi molto belli del papa sul tema della famiglia, sull’uomo e la donna, sulla colonizzazione imperialistica dell’ideologia Gender.

Sarebbero state considerazioni perfette per questa enciclica, sulla linea dell’ “ecologia umana” di Benedetto XVI. Purtroppo si è presa un’altra strada. Speriamo sia una moda passeggera.

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 17 giugno 2015

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