Winston Churchill diceva che il Cremlino (a quel tempo c’era il regime comunista) era “un dilemma avvolto in un mistero, racchiuso in un enigma”.

Qualcosa di simile potremmo dire oggi del Vaticano. Forse è anche per quest’aura di segreto – oltre alla solennità e alla bellezza della “location” – che ha tanto successo una serie, pur banale e surreale, come “The young pope”.

Molto più appassionanti della fiction sono i misteri del Vaticano vero. Dove, per la prima volta nella storia della Chiesa, un papa – dopo mesi di pesanti attacchi – si è “dimesso” (per ragioni oscure), ma in realtà rimanendo papa.

Un Vaticano dove oggi convivono due papi, senza che nessuno abbia spiegato com’è possibile, dal momento che è sempre stato insegnato che può esserci un solo Successore di Pietro.

Dove – probabilmente – qualcosa di importante sta accadendo in questi giorni, dietro il silenzio impenetrabile dei sacri palazzi.

Purtroppo i media da tempo sembrano disinteressati all’informazione sulla Chiesa e la Santa Sede, forse perché troppo impegnati nelle celebrazioni e negli osanna.

Fatto sta che nessuno, almeno in Italia, sembra essersi accorto di una intervista esplosiva del numero 2 della Chiesa, il card. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (è il ruolo che ricoprì il card. Ratzinger al tempo di Giovanni Paolo II).

Fu Benedetto XVI a chiamarlo lì e fu poi Francesco a confermalo e crearlo cardinale, anche se i rapporti fra i due, per le profonde divergenze sulle riforme dottrinali volute da Francesco nei due sinodi sulla famiglia, hanno portato al sostanziale isolamento di Müller rispetto al gruppo dirigente di Francesco.

CLAMOROSA INTERVISTA

Dunque Müller, che è anche curatore dell’opera omnia di Ratzinger, l’altroieri ha rilasciato un’intervista all’edizione tedesca della Radio vaticana dove, per la prima volta, un alto esponente del Vaticano pone il problema della convivenza dei due papi, dove rivela sommessamente che c’è un dibattito in corso oltretevere e dove prospetta uno scenario sorprendente.

Il cardinale ha detto:

Per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo il caso di due legittimi papi viventi. Certamente solo Papa Francesco è il Papa, ma Benedetto è l’emerito, perciò in qualche modo ancora legato al papato. Questa situazione inedita deve essere affrontata teologicamente e spiritualmente. Su come farlo, ci sono diverse opinioni. Io ho mostrato che pur con tutte le diversità che riguardano la persona e il carattere, che sono date dalla natura, tuttavia anche il legame interno deve essere reso visibile”.

Ma – chiede la giornalista – in cosa consiste questo legame interno? La risposta di Müller:

“Si tratta del confessare [proclamare la fede in] Gesù Cristo, che è la ‘ratio essendi’, il vero fondamento del Papato, che tiene insieme la Chiesa nell’unità in Cristo…”.

Sembra una risposta astratta, teologica, ma in realtà rimanda alle sue parole precedenti, facendo capire che il “ministero petrino” di Benedetto XVI continua tuttora. Cosa che trova conferma nel seguito dell’intervista.

Infatti la giornalista chiede: “Cosa offrono alla Chiesa due papi insieme” (due che sono papi in contemporanea)?

Risposta di Müller:

“entrambi esercitano un ufficio che non sono stati loro a darsi e che loro non possono nemmeno definire, un ufficio che è già ‘de-finito’ da Cristo stesso, così come è stato compreso dalla coscienza credente della Chiesa. E ognuno sperimenta nell’ufficio papale, così come in ogni altro officio ecclesiale, un peso che si può portare solo con l’aiuto della grazia”.

Sono parole sorprendenti. Perché qua Müller non dice affatto – come finora si è sentito – che Benedetto XVI sostanzialmente non è più papa, non dice affatto che è un pensionato che non ha più nessun ruolo nella Chiesa, non dice affatto che è qualcosa di simile ai “vescovi emeriti”, come afferma papa Bergoglio.

Dice che, Francesco e Benedetto XVI, “entrambi esercitano un ufficio” che è l’ “ufficio papale”. E dice che questa situazione inedita, di “due legittimi papi viventi”, “deve essere affrontata teologicamente e spiritualmente”.

Dunque Müller sembra andare nella stessa direzione della clamorosa conferenza, del 21 maggio scorso, alla Gregoriana, di mons. Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI e Prefetto della Casa pontificia di Francesco.

DUE PAPI

In quell’intervento, che in Vaticano ebbe un effetto dirompente (ma la stampa lo ignorò), Gänswein disse fra l’altro:

“Prima e dopo le sue dimissioni, Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione al ‘ministero petrino’. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune”.

E ancora:

“Dall’elezione del suo successore Francesco, il 13 marzo 2013, non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato, con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è ‘Santità’; e per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano, come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato”.

Dunque non un passo indietro, ma solo un passo di lato. La conferenza di mons. Gänswein è stata dirompente, ma si è dovuto aspettare un paio di mesi per avere una qualche reazione: un’intervista a un canonista di Curia, dove non era mai nominato Gänswein, che era titolata così: “Non può esistere un papato condiviso”.

Il giornalista bergogliano Andrea Tornielli, autore dell’intervista, iniziava dicendo che lo stesso Francesco aveva già risposto: “ ‘C’è un solo Papa. Benedetto XVI è l’emerito’. Lo scorso giugno, durante il volo di ritorno dall’Armenia, Francesco aveva risposto in modo chiaro e preciso a una domanda sulle teorie riguardanti la possibilità di un ministero papale ‘condiviso’ ”.

Se già aveva risposto il papa che necessità c’era di far parlare, due mesi dopo, anche un canonista? Forse perché la questione non era affatto chiusa? Forse perché – come dice oggi Müller – “ci sono diverse opinioni”?

In effetti le dichiarazioni di mons. Gänswein prima e del card. Müller oggi, dimostrano che la questione è del tutto aperta.

PER SEMPRE

Ma soprattutto è stato lo stesso Benedetto XVI ad aprirla, non solo con la scelta del papato emerito, ma anche con le parole del suo ultimo discorso, dove spiegò che il ministero petrino era “per sempre” nella sua vita e aggiunse: La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.

Poi nel suo recentissimo best-seller, “Ultime conversazioni”, papa Benedetto ha dedicato una pagina a spiegare la sua attuale situazione e lo ha fatto con poche sobrie parole, ma in perfetta consonanza con l’intervento di maggio del suo segretario e con quello dell’altroieri di Müller. Dice infatti che la sua non è stata “una fuga, ma un altro modo di restare fedele al mio ministero”. E aggiunge che continua ad essere papa “in un senso più profondo, più intimo”.

Oggi Müller afferma che “deve essere reso visibile” quel “legame interno” che lega i due papi e li vincola alla custodia del “Depositum fidei”, cioè alla difesa della fede cattolica.

ULTIMA OCCASIONE?

Forse è una scialuppa di salvataggio che Benedetto sta offrendo a Francesco, per aiutarlo a continuare la sua opera, ma restando dentro i binari dell’ortodossia. Scongiurando così scelte sbagliate (e Bergoglio ne fa a iosa) e tragici scismi.

Alla luce di ciò si comprendono meglio i toni collaborativi che Benedetto usa con Francesco nel suo libro e anche il nuovo volume di Müller che tenta di riconciliare i due pontificati sotto il titolo “Benedetto & Francesco. Successori di Pietro al servizio della Chiesa”.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 28 ottobre 2016

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