Non c’è più irreligione. Nemmeno al gruppo Repubblica-Espresso che per anni è stato il tempio del laicismo anticlericale. Da qualche anno Repubblica sembra una confraternita papolatrica che celebra la religione bergogliana con pagine e pagine d’incenso.

Adesso arriva addirittura un sorprendente attacco all’ateo e firmato dalla massima Autorità: Eugenio Scalfari. Sull’Espresso la sua rubrica è uscita infatti con questo titolo: “Atei militanti ecco perché sbagliate”.

Il Fondatore di Repubblica pensa che gli atei oggi “non siano molti”. E spiega che “l’ateo è una persona che non crede in nessuna divinità… Dopo la morte, per l’ateo, non c’è che il nulla. Da questo punto di vista sono assolutisti, in un certo senso si potrebbero definire clericali perché la loro verità la proclamano assoluta”.

Già questo non sembra un complimento. Ma poi il Nostro difende addirittura i credenti, i quali credono anch’essi in “una verità assoluta, ma sono infinitamente più cauti degli atei”.

Sarebbero già parole stupefacenti. Ma Scalfari va oltre e sgancia la bomba: Gli atei non sanno di essere poco tolleranti, ma il loro atteggiamento nei confronti delle società religiose è rigorosamente combattivo. La vera motivazione, spesso inconsapevole, è nel fatto che il loro Io reclama odio e guerre intellettuali contro religioni di qualunque specie. Il loro ateismo proclamato vuole soddisfazione, perciò non lo predicano con elegante pacatezza ma lo mettono in discussione partendo all’attacco contro chi crede in un qualunque aldilà, lo insultano, lo vilipendono, lo combattono intellettualmente. È il loro Io che li guida e che pretende soddisfazione”.

Dopo questa gragnuola di legnate precisa di non ritenere l’ateo “una persona da disprezzare, da isolare”, ma subito dopo rincara la dose: “Spesso i suoi modi sono provocatori, rissosi e calunniosi” e “non ispirano simpatia” per la “prepotenza del loro Io”.

Data all’ateo quest’altra bella spazzolata, Scalfari spiega che esisterebbe una “terza posizione, profondamente diversa” dall’ateismo: quella dei “non credenti”.
Sarebbero coloro che “non credono a una divinità trascendente”, ma – a suo dire – “per quanto riguarda l’aldilà suppongono l’esistenza di un Essere…”.

Lasciamo perdere i sofismi ingarbugliati che seguono, perché – francamente, con tutto il rispetto – non mi sembra che abbiano né capo né coda.

A dirla tutta, si ha l’impressione che Scalfari, dopo una vita da laicista, oggi – alla bella età di 93 anni suonati – sia assillato dal pensiero dell’aldilà e da una domanda inquietante: “e se poi c’è?”.

Cosicché ha coniato per sé questa categoria mediana.

In realtà una “terza posizione” del pensiero fra credenti e atei c’era già da tempo: è quella degli agnostici, di coloro cioè che sospendono il giudizio perché non sanno la risposta alla domanda su Dio. O ritengono che non si possano avere certezze in proposito.

Ma a Scalfari evidentemente non basta una categoria qualsiasi, così popolata da gente comune e ha coniato per sé una categoria ad hoc: “i non credenti”.

Costoro – a suo dire – “non credono in un aldilà dominato da una divinità trascendente delle religioni e non credono al nulla nichilista e prepotente degli atei”.

E qui torna a dar legnate agli atei “il cui Io” dice “è sostanzialmente elementare… è un Io che non pensa e non si vede operare e non si giudica. Così è un Io di stampo animalesco. Mi spiace che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene”.

Non è chiaro da quando e perché Scalfari ha smesso di essere ateo. Né si capisce perché gli atei gli siano venuti in tale antipatia.

Infatti fino a ieri lui stesso si dichiarava risolutamente tale. Lo testimonia un’intervista che ha rilasciato ad Attilio Giordano ed è uscita sul “Venerdì di Repubblica” il 15 gennaio 2016, a proposito del suo libro “L’allegria, il pianto, la vita”.

Domanda: “Sei ateo o agnostico?”. Risposta di Scalfari: “Del tutto ateo. L’ho detto anche al Papa”.

Ora, d’improvviso, proclama che l’ateo ha “un Io che non pensa”, addirittura “un Io di stampo animalesco” e dice che gli atei ricordano “lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene”.

Da cattolico, io non direi mai una cosa simile. Il mistero dell’uomo è molto più complesso e profondo. Se penso che si dichiarava ateo un Giacomo Leopardi, mi riesce davvero impossibile qualificarlo come uno che “non pensa”, come uno che aveva “un Io di stampo animalesco”.

La strana e anche clamorosa filippica di Scalfari sembrava essere passata inosservata. Invece si è risentito uno che con Scalfari ha collaborato una vita e ieri ha protestato proprio su “Repubblica”: Corrado Augias.

Nella rubrica delle lettere che egli cura, ha pubblicato la missiva di un lettore che si dichiara “ateo”, ma che aggiunge: “non mi riconosco nelle parole scritte da Eugenio Scalfari sull’Espresso”.

Augias, nella sua risposta, commenta: “Sono anch’io tranquillamente ateo, non odio nessuno, anche perché l’età in questo aiuta… Non so quali atei abbia conosciuto Eugenio Scalfari per descriverli in termini così crudi”.

Augias obietta: “Atei di questo tipo non ne ho mai incontrati. La descrizione (di Scalfari, ndr) richiama al più certi anticlericali di fine Ottocento, che quando non diventavano delle macchiette potevano dar vita a episodi di autentica ferocia”.

E qui Augias ricorda quando “alcuni facinorosi tentarono di gettare a Tevere la salma di Pio IX, durante i suoi funerali (1878), al grido: ‘Al fiume il papa porco!’.”

Insomma lo scontro a “Repubblica” sembra grave. Ma (sinceramente) non serio.

.

Antonio Socci

Da “Libero”, 30 luglio 2017

.

Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

Twitter: @AntonioSocci1