L’uomo della strage di Nizza, Mohamed Lahouaiej Bohlel, fino al 13 luglio era una persona comune, un tipo che non dava nell’occhio. Emigrato in Francia una decina di anni fa dalla Tunisia aveva un permesso di soggiorno che sarebbe scaduto nel 2019.

“M’era sembrato molto tranquillo… forse un po’ triste”, dice la vicina di casa: “era sempre da solo… un’unica volta l’ho visto in compagnia del figli”.

Da un anno era andato a vivere lontano dalla moglie e dai tre suoi bambini. Forse aveva avuto problemi di prestiti e debiti e qualche grana giudiziaria. Aveva partecipato a una rissa, ma nulla che potesse allertare l’antiterrorismo. Pare che fosse “depresso e instabile”, ma anche questo non può spiegare l’orrore che ha perpetrato.

Del resto il “male di vivere” è un connotato della nostra condizione umana e il nichilismo dell’Occidente lo amplifica e lo grava di nuovi fardelli. Ma è una condizione comune. Tutto questo non c’entra ancora niente con il terrorismo e la strage. Al massimo può prendere la strada della disperazione personale o quella del rancore e dell’odio.

Una pagina dello scrittore svedese Hjalmar Soderberg coglie bene la nostra condizione umana:

“Vogliamo essere amati. In mancanza di ciò, ammirati; in mancanza di ciò, temuti. In mancanza di ciò, odiati e disprezzati. Vogliamo suscitare negli altri una qualche sorta di emozione. L’anima trema davanti al vuoto e ha bisogno di un contatto a ogni costo.”

In fondo anche i “social” che ci siamo inventati – per viverci dentro con i telefonini, che sono le scatole nere delle nostre vite – servono ad anestetizzare tutta questa immensa solitudine che non permette di sentirsi vivi. E soprattutto amati.

Ma qual è il fattore misterioso che trasforma un essere umano, con la sua consueta fatica di vivere, comune a tutti noi, in un terrorista stragista?

E’ l’ideologia. Non è necessario essere intellettuali o particolarmente militanti. Basta anche solo l’infatuazione, la suggestione dalla propaganda balorda. Mohamed – a quanto pare – ha espresso tutto nel solito grido di battaglia: “Allah Akbar”.

IL VELENO MORTALE

E’ l’ideologia il meccanismo perverso che prende la rancorosa frustrazione di un uomo e ne fa una bomba umana lanciata contro il mondo intero, nella prospettiva della sua distruzione purificatrice e nell’illusione di un grossolano “paradiso” edonista con 72 vergini a disposizione.

I milioni di immigrati musulmani in Francia (e in Europa) sono sottoposti a questa doppia pressione: da una parte il nichilismo dell’attuale Occidente, senza vita spirituale e senza nobili ideali; dall’altra le sirene del jihadismo, la predicazione di un fanatismo che – a quanto pare – dispone di grandi mezzi. Una tenaglia micidiale.

L’ideologia – come sappiamo per averne viste molte nel Novecento – è il meccanismo che non ti fa più vedere gli altri esseri umani, ma li trasforma in simboli astratti che si possono schiacciare e massacrare. Anche a milioni.

L’ideologia è il meccanismo capace di tirar fuori la parte più oscura della nostra natura legittimandola come buona. L’ideologia abbatte le civiltà e porta fame e miseria ai popoli, a cui impone il dominio dei tiranni.

Oggi si comincia a capire che quella jihadista è un’ideologia. Essa – ha scritto Le Monde – “chiama alla lotta contro gli infedeli, gli ebrei e i crociati, gli Occidentali: un discorso totalitario che predica la guerra con tutti i mezzi contro i miscredenti e altri non credenti”.

IN GUERRA DA 14 SECOLI

Ma è un’ideologia molto antica. Erroneamente si crede che nasca in odio al moderno Occidente. In realtà è stata da sempre (ed è) in guerra con tutte le culture, tutte le civiltà e le religioni diverse da sé. Ed è in guerra perfino nel suo stesso seno (per esempio fra sciiti e sunniti).

E’ un’ideologia del dominio. E i suoi devastanti effetti non sono stati inferiori a quelli dei totalitarismi del Novecento.

Secondo i calcoli di Bill Warner – direttore del “Center for the Study of Political Islam” – la conquista musulmana del Medio Oriente, dell’Anatolia e del Nordafrica – che rappresentavano metà della cristianità antica – ha fatto almeno 50 milioni di vittime.

La conquista islamica dell’Oriente – dove ha spazzato via l’antichissima civiltà persiana e zoroastriana – ha poi prodotto la morte di 10 milioni di buddisti la cui religione è stata estirpata dalla “via della seta” e dall’Afghanistan.

L’attacco all’India ha distrutto metà di quella civiltà facendo circa 80 milioni di vittime. Mentre nell’Africa subsahariana le vittime cristiane e animiste del Jihad sarebbero circa 120 milioni.

Guglielmo Piombini – al cui saggio pubblicato su “Il grande tradimento” devo la conoscenza di Warner – calcola:

“Sommando tutte queste cifre si giunge alla conclusione che dal settimo secolo a oggi approssimativamente 270 milioni di ‘infedeli’ sono morti per la gloria politica dell’Islam, un numero di vittime che probabilmente supera quelle del comunismo”.

Piombini conclude:

“La Jihad rappresenta quindi, per durata e per conseguenze, una delle istituzioni più rilevanti della storia umana, che ha sconvolto la vita di centinaia di milioni di persone per quasi 1400 anni. Eppure, a livello storico, è quasi completamente ignorata”.

In effetti sono rari coloro che hanno alzato i veli sulla storia vera e non hanno avuto vita facile nei salotti dell’intellighentsia occidentale. Per esempio Oriana Fallaci e Bat Ye’or.

EURABIA

Loro da tempo hanno lanciato l’allarme: l’Occidente, imbevuto di mentalità politically correct e di odio delle proprie radici (cristiane), è ipnotizzato dalle sirene del multiculturalismo e ignora completamente cosa storicamente è stato ed è l’Islam, cosicché l’Eurabia esiste già nella “sottomissione” della nostra cultura relativista.

Del resto l’intellighentsia occidentale ha vissuto lo stesso abbaglio con il comunismo. Oggi i cantori del multiculturalismo esaltano la “magnifica” civiltà islamica con analoga ignoranza dei fatti. E le élite politiche continuano a sostenere che il problema sarebbe solo il terrorismo.

Cosicché lasciamo che regimi come Arabia Saudita e Pakistan (o Iran) siano protagonisti riconosciuti e legittimati dei consessi internazionali e del “grande gioco”.

Le caste occidentali non vedono il problema rappresentato dall’Islam, così come non colgono il pericolo del nostro nichilismo occidentale che è diventato anche un disastro demografico e ha prodotto un vuoto spirituale e – appunto – demografico che rischia di essere riempito in modo traumatico e devastante per la nostra civiltà.

Sottovalutando la questione islamica e le conseguenze della “dittatura del relativismo”, poi, tali Caste agitano solo e sempre il fantasma del “populismo” come se fosse il pericolo e non piuttosto la reazione dei popoli al pericolo.

Come se il problema fosse rappresentato dalla Brexit, dalle nazioni che difendono la loro identità e pretendono di decidere le loro sorti, sentendosi tradite e abbandonate dalle Caste che sono al potere.

Luigi Amicone giustamente osserva: La minaccia non è il populismo, ma il nichilismo occidentale (che fa guadagnare terreno a quello islamico)”.

Ci sono tanti lupi solitari come Mohamed che, in questa confusione, possono perdersi e provocare altre tragedie.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 17 luglio 2016

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