Giorni fa “Der Spiegel” ha riferito le parole di papa Bergoglio ad alcuni fedelissimi: “Non è escluso che io passerò alla storia come colui che ha diviso la Chiesa Cattolica”. E’ per questo che il suo amico Eugenio Scalfari lo considera il più grande “rivoluzionario”.

Tempo fa una copertina di “Newsweek” si chiedeva se il papa è cattolico (“Is the pope catholic?”). E un’altra dello “Spectator” lo rappresentava su una ruspa demolitrice col titolo: “Pope vs Church” (il Papa contro la Chiesa). Coglievano un sentire diffuso.

In effetti a quattro anni esatti dalla “rinuncia” di Benedetto XVI e dall’irrompere di Bergoglio, la situazione della Chiesa cattolica si è fatta esplosiva, forse davvero al limite di uno scisma, più catastrofico di quello del tempo di Lutero (che peraltro oggi viene riabilitato nella chiesa bergogliana).

PICCONATE

La confusione è enorme anche perché si susseguono le picconate pure dei suoi stretti collaboratori.

Nei giorni scorsi ha suscitato sconcerto il nuovo Generale dei gesuiti (voluto da Bergoglio) per quello che ha detto sul Vangelo e su Gesù. Come pure il nuovo presidente della Pontificia Accademia per la vita, nominato dallo stesso Bergoglio, che ha fatto l’esaltazione incondizionata di Marco Pannella arrivando ad affermare: “io mi auguro che lo spirito di Marco ci aiuti a vivere in quella stessa direzione”.

Nella Chiesa sta accadendo di tutto. I massimi esponenti dell’ideologia laicista sulla vita sono invitati con tutti gli onori al simposio vaticano, i cardinali che chiedono al papa di chiarire o correggere i punti erronei dell’Amoris laetitia vengono trattati malamente. Poi stanno per istituire le “donne diacono” e potrebbe addirittura venir manomessa la liturgia per andare verso una “messa ecumenica” con i protestanti che segnerebbe il punto di non ritorno.

Giorni fa una vescova protestante del nord Europa – con l’intenzione di fargli un complimento – ha dichiarato che Bergoglio le sembra sempre di più un criptoprotestante (“verklappter protestant”).

Molti fedeli cattolici hanno proprio il timore che sia vero.

Per questo gran parte dei cardinali che lo votarono è fortemente preoccupata e il partito curiale che organizzò la sua elezione e che lo ha affiancato fin qui, senza mai dissociarsi, sta coltivando l’idea (a mio avviso velleitaria) di una “moral suasion” per convincerlo alla pensione. Avrebbero già il nome di colui che dovrebbe rimpiazzarlo per “ricucire” la Chiesa in frantumi.

Ma per capire meglio quello che sta accadendo, è necessario ricostruire com’è che la Chiesa è finita in questa situazione, forse la più grave dei suoi 2000 anni di storia.

IMPERO AMERICANO

Bisogna partire dal contesto geopolitico degli anni Novanta, quando gli Stati Uniti, ritenendo di essere rimasta l’unica grande potenza mondiale, cominciarono a elaborare il progetto di un mondo unipolare “per un nuovo secolo americano”. Fukujama annunciò “la fine della storia” cioè un pianeta totalmente americanizzato. Una follia, l’ultima utopia ideologica del Novecento.

Il presupposto era che – spazzato via il blocco sovietico – la Russia democratica, prostrata e umiliata da un’americanizzazione selvaggia sotto Eltsin, non riuscisse mai più a risollevarsi, restando una depressa provincia dell’impero.

Poi è arrivata la grande crisi del 2007-2008, mentre in Russia un nuovo leader, Vladimir Putin, ha riportato il più vasto Paese del mondo a ritrovare la sua identità spirituale, una vera indipendenza nazionale (anche economica) e un ruolo internazionale.

Così dal 2010 al 2016 l’amministrazione Obama/Clinton (con annesso sistema di potere globale) ha sviluppato una pesante strategia planetaria che mirava a isolare la nuova Russia di Putin e neutralizzarla.

I due pilastri geopolitici dell’impero Obama/Clinton erano – in Europa – il fedele vassallo tedesco guidato dalla Merkel; nell’area mediorentale l’Arabia Saudita.

I TASSELLI

Dovendo anzitutto spazzar via la presenza russa nel Mediterraneo e in Medio Oriente, gli Usa si sono schierati per l’eliminazione dei due regimi di quest’area alleati della Russia, cioè Libia e Siria guidati da Gheddafi e Assad.

L’idea americana prevedeva di lasciare questa regione sotto l’egemonia dell’Arabia Saudita, ma è anche strana la sottovalutazione obamiana del rischio rappresentato dai Fratelli musulmani protagonisti delle cosiddette “primavere arabe”.

Anche in Europa assistiamo ad altri sommovimenti. Nel 2011 il governo italiano guidato da Berlusconi si trova isolato nella Ue franco-tedesca di Merkel e Sarkozy, quindi finisce sotto attacco attraverso il cosiddetto spread ed è costretto alle dimissioni (peraltro Berlusconi a quel tempo era l’unico capo di governo europeo con cui Putin avesse un rapporto di amicizia).

Poi assistiamo alla destabilizzazione diretta dell’area russa con l’incendio dell’Ucraina che fornisce alla Nato il pretesto per portare tutta l’Europa dell’Est, fino ai confini russi, sotto il suo protettorato. Addirittura iniziano pericolose manovre militari al confine che creano un clima da guerra fredda.

Già da tempo del resto i media occidentali sono pesantemente all’attacco di Putin, una criminalizzazione curiosa, considerato quello che gli americani – con le loro “guerre umanitarie” – stavano facendo.

COLONIZZAZIONE IDEOLOGICA

Nel frattempo Obama – col secondo discorso d’insediamento – ha lanciato anche un’offensiva ideologica che mira a imporre al mondo una nuova antropologia liberal, cioè relativista (nozze gay, gender ec).

E’ un progetto globale che tenta di de-costruire (oltre alle identità sessuali) le identità nazionali, culturali e religiose anche attraverso il fenomeno migratorio.

Lo stesso Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon esalta le migrazioni come nuova frontiera del progresso a cui nessuno deve opporsi. Il fenomeno esplode: dal 2010 al 2016 c’è un vertiginoso aumento delle masse di migranti che si riversano in Europa, anzitutto tramite Italia e Grecia.

Nel frattempo cosa accade nella Chiesa? Dal 2010 si assiste a una pesantissima pressione, interna ed esterna, contro il pontificato di Benedetto XVI che, nel febbraio 2013, “rinuncia”.

Nei giorni scorsi alcuni intellettuali cattolici americani hanno chiesto pubblicamente a Trump di aprire un’indagine per appurare – considerati alcuni documenti usciti da Wikileaks – se vi siano state, fra 2012 e 2013, interferenze americane per un “cambio di regime” in Vaticano.

Ma stiamo ai fatti pubblici.

IL CASO BERGOGLIO

Nel 2013 viene eletto papa Bergoglio che accantona il magistero dei papi precedenti, troppo ostico per l’ideologia dominante (niente più principi non negoziabili, né radici cristiane dell’Europa, né confronto virile con l’Islam come il discorso di Ratisbona).

Bergoglio aderisce all’Agenda Obama: viva l’emigrazione di massa, abbraccio con l’Islam ed ecologismo catastrofista. Ma aderisce pure all’Agenda tedesca che va verso una protestantizzazione della Chiesa Cattolica.

In effetti due sono i “partiti” che lo hanno eletto: quello progressista guidato dai cardinali tedeschi (che si rifaceva al card. Martini e al gruppo di San Gallo) e il “partito della Curia” che ha mal sopportato Benedetto XVI e vuole riprendere il controllo della Chiesa.

E’ quest’ultimo, che ha sostenuto tutto il pontificato di Bergoglio, quello che oggi punta a portare al papato l’attuale Segretario di stato Pietro Parolin.

La motivazione addotta è “per ricucire” la Chiesa e scongiurare una tragica spaccatura. C’è sicuramente una seria preoccupazione per la confusione e lo sbandamento di oggi. Ma molti ritengono che la bussola di questo partito sia sempre il potere ecclesiastico, che oggi è limitato dalla “curia parallela” creata a Santa Marta.

Confidano nel fatto che lo stesso Bergoglio ha parlato in passato di sue possibili dimissioni e, nel 2015, disse: “tutti i servizi nella Chiesa è conveniente che abbiano una scadenza, non ci sono leader a vita nella Chiesa. Questo avviene in alcuni Paesi dove esiste la dittatura”.

Dunque dimissioni? Probabilmente s’illudono.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 28 febbraio 2017

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